lunedì 29 giugno 2009

two sides of the gods of metal story - side one

Inizio a scrivere quello che sarà uno dei due resoconti delle due giornate monzesi del Gods of Metal, festival metallico che ha visto alternarsi su due palchi nello Stadio Brianteo di Monza gruppi più o meno conosciuti, spaziando (non troppo) tra l'hard rock e il metal più estremo.

day one

Si parte sabato mattina, io e il fratellone Luca, e già prima di raggiungere lo stadio facciamo conoscenza con due simpatici mantovani, Simone e Nicola, che si aggregano al carrozzone e con cui raggiungiamo lo stadio monzese dove si terranno i concerti. Il posto non si rivela affatto male: i palchi sono due, uno affiancato all'altro, così da dimezzare i tempi di attesa tra un concerto e il successivo; lo spiazzo è veramente ampio, l'erba morbida, è pure possibile piazzarsi in tribuna per godersi un po' di ombra (se si sta sotto) o un po' d'aria (se si sale in alto, ma davvero in alto, con una vista davvero impressionante, ma ne parlo più avanti).

Gli stand sono pochi, avremmo sperato in un po' più di offerta: non che di solito si facciano grandi acquisti, ma è carino ingannare le attese facendo qualche giro tra chi vende dischi, magliette o braccialetti borchiati molto tamarri. Oltre ai soliti punti di ristoro, che verranno da noi bellamente evitati viste le code assurde, sostituiti dai rivenditori di salamelle appena fuori lo stadio, c'è lo stand di Metal Hammer, rivista di settore, dove ci sarà modo di incontrare qualche artista, pochi ahimé, per foto e strette di mano.

vista dei palchi dalle tribune laterali

Appena superata la prima salita all'ingresso la vista è notevole, con uno stadio praticamente ancora vuoto come non lo vedremo più e mentre scattiamo qualche foto iniziano a suonare i The Rocker (voto 6-): praticamente una cover band degli AC/DC, molto più degli Airbourne (e ho detto tutto). Ma non me la sento di condannarli, è sempre difficile aprire un festival suonando al mattino davanti a pochissime persone che non ti conoscono. L'attitudine c'è, la musica si fa ascoltare, hanno giusto tolto la polvere agli impianti scaldando l'atmosfera per i gruppi che seguiranno. E a seguire arrivano gli Extrema (voto 6 e mezzo), altra band italiana che ormai non si può più definire giovanissima, ma che nel tempo non ha cambiato la proposta di molto: anche qui si può parlare di cover band, io li ho sempre considerati come la versione nostrana dei Pantera di "Vulgar display of power". Detto questo, il loro sporco lavoro lo fanno bene, la tecnica c'è e anche l'attitudine, tanto che la risposta del pubblico si fa sentire. Non sono mai stato un grande fan, non ho sentito i loro ultimi lavori quindi ho faticato a farmi coinvolgere, ma il concerto è stato piacevole.

E' ora il turno di Lauren Harris (voto 5), già vista l'anno passato sempre al Gods: che dire, la definizione migliore l'ho sentita da Stefano quando ha detto che la Harris fa le canzoni della pubblicità delle Mentos! Direi che c'ha proprio preso. Un rock piatto che non coinvolge, e soprattutto non graffia. Anche la band che l'accompagna non mi sembra brillare particolarmente. Si è quindi deciso per una rinfrescata con birra & bibita allo stand apposito, gentilmente offerte da Simone e Nicola di cui sopra, e per un po' di chiacchiere e commenti sfogliando il nuovo numero di Metal Hammer. Prima della fine del concerto di Lauren Harris decidiamo di prendere posto davanti al palco dove si terrà la prossima performance, che si rivelerà una delle migliori delle due giornate.

il mega poster dietro al palco dei Voivod

Pochi minuti dopo arrivano i canadesi Voivod (voto 8+) con un concerto veramente notevole che coinvolge molti dei presenti, ma che soprattutto ce li mostra contenti e allegri, cosa che non mi aspettavo. Non posso spendermi in troppe parole avendo due giganti fan come Samuele e Stefano alle spalle; io sono un fan dell'ultim'ora, addirittura ho imparato a conoscerli nel periodo Eric Forrest, parentesi più estrema (comunque realizzata con grande stile) a metà dei '90, quindi non sono proprio in grado di entrare troppo nello specifico. Tornato Snake alla voce ormai da qualche anno, il gruppo ha riscoperto il lato più thrash degli esordi e le atmosfere astronomiche create dal tristemente scomparso chitarrista Piggy. Proprio questo evento mi faceva pensare ad una sorta di farewell tour mesto e triste e invece il gruppo si presenta sul palco con grandi sorrisi e una carica da gruppo esordiente! Il sostituto chitarrista, di cui conosco solo il nome, Dan, si è rivelato un grandissimo soggetto, a suo agio in qualsiasi canzone. Si dice che sia un nerd-fan da decenni e che abbia insegnato al resto del gruppo le canzoni più vecchie che si erano dimenticati... Away alla batteria è uno spettacolo, avevo già avuto modo di vederlo in azione anni fa, con un set tutto sommato modesto è in grando di fare grandi cose, non tanto paurose tecnicamente, ma dallo stile molto particolare e, per un batterista come me, molto coinvolgenti. Un altro membro storico è Blacky, tornato nella band per le date live, che anche lui si diverte un mondo e che fa molto bene il suo dovere: nonostante il basso "plettrato" non sia quello che preferisco, il sound che usciva dalle casse mi ha soddisfatto. Da vedere inoltre le sue facce sceme per le foto coi fan, veramente un mito!

io, Blacky e Away

Da segnalare il fatto che questo gruppo credo sia l'unico che arriva al completo al mett&greet per venire a contatto coi fan: se è vero che non sono delle star, è anche vero che il seguito è tanto, la gente c'era ed era esaltata. Quoto una frase di Stefano: "Spero che cambino nome e continuino a suonare", penso dica tutto. Secondo le loro dichiarazioni, i Voivod si fermano qui, ma non pare possibile che questi "ragazzi" non abbiano più voglia di calcare palchi vista l'energia e la voglia di suonare che hanno mostrato. Ecco un altro esempio di facce intelligenti...

Luca e Snake

Parte quindi una parentesi meno interessante, con due gruppi (Backyard Babies ed Epica) che non ci ha interessato e su cui mi è persino impossibile dare un giudizio. In questa parentesi abbiamo avuto modo di incontrare i Voivod allo stand di MH, di prenderci una pausa sugli spalti e di ricaricarci un po' in attesa di band per noi più interessanti.

Marty Friedman in versione metal-manga

Ritorniamo sotto al palco per l'arrivo di Marty Friedman (voto 7 e mezzo) , senza sapere bene cosa aspettarci. L'unico act strumentale della due giorni monzese si rivela molto coinvolgente, con un Friedman che pare non invecchiare (ma quanti anni ha?) e che si fa accompagnare da due giapponesi da Yokohama davvero in gamba (soprattutto la seconda chitarra) e da un batterista californiano che non brilla per varietà, ma che pesta come pochi. I pezzi coinvolgono, lasciamo perdere poi il momento revival Megadeth con l'assolo di Tornado of souls che mi ha letteralmente fatto impazzire! Ho intenzione di procurarmi gli ultimi lavori di questo chitarrista perché non si tratta dei soliti esercizi di stile, ma di qualcosa di più fresco. Nel lento della scaletta Friedman cita anche "Io che non vivo (senza te)" di Pino Donaggio, lasciando il pubblico davvero stupito!

Altra piccola serie di gruppi poco interessanti, in cui non ricordo bene cosa si è fatto, magari il fratello avrà più memoria. So che gli Edguy non li ho seguiti, mentre avrei voluto fare lo stesso con Lita Ford (voto 4), ma non mi è proprio stato possibile: pezzi scialbi, voce stonata, sembrava di assistere ad un concerto revival da balera! Davvero imbarazzante, anche se va detto che di pubblico sotto al palco ce n'era e pareva pure coinvolto. Non so, praticamente non la conosco, sarà anche una vecchia gloria, ma ora è molto più la prima e molto meno la seconda... Pace, almeno ci ha permesso di occupare un buon posto per l'arrivo dei Queensrÿche (voto 7 e mezzo) che danno un'ottima prova, soffermandosi purtroppo come temevo anche sui lavori recenti che non hanno certo lo stesso mordente dei vecchi. I pezzi nuovi non sono brutti, ma manca quell'ingrediente che li renda vincenti. Altro "difetto" della loro prestazione sarà quello di ignorare un'opera spettacolare e fondamentale come "Operation: Mindcrime", ma forse dopo il tour in cui l'hanno proposto integralmente hanno voglia di dedicarsi ad altro. Finite le lamentele, posso dire che questo concerto è stato un piacere, è bello vedere un Geoff Tate smagrito (e parecchio muscoloso) dopo l'imbolsimento degli ultimi anni. Forse la voce sta cominciando a cedere, inoltre all'inizio era anche bassa di volume, ma il gruppo c'è e i classici suonano gran bene. La pioggia comincia a cadere, senza dare però troppo fastidio, anzi il clima si rinfresca come invece non succederà il secondo giorno e la differenza s'è sentita.

Siccome anche lo stomaco vuole la sua parte, approfittiamo della pausa tra i gruppi per uscire a mangiare, perdendo l'inizio dei Tesla (voto 7), ma potendo vedere a panza piena metà del loro concerto e godendoci un bello spettacolo. Il gruppo sembra ancora giovane dopo venticinque anni di carriera, e di sicuro ha ancora l'attitudine giusta. Non conosco tutti i loro album, ho sentito cose qua e là, dal loro primo "Mechanical resonance" al più recente "Into the now", quindi non sono riuscito a farmi coinvolgere troppo, ma li apprezzo per il loro rock con venature blues che ha convinto anche buona parte del pubblico.

Il cielo comincia a scurirsi e non è solo una questione meteorologica: stanno per salire sul palco i Black Sabb...oops, volevo dire gli Heaven & Hell (voto 9), capitanati da Ronnie James Dio (al secolo, Ronald James Padavona), classe 1942!! Per chi non sa di chi sto parlando, pare che sia stato colui che ha popolarizzato l'uso delle corna del diavolo fatte con la mano, dopo averlo visto fare spesso dalla nonna... I compagni d'avventura sono Tony Iommi, Geezer Butler e Vinnie Appice. Anche qui come per i Voivod, per una recensione come si deve rimando a chi è più preparato di me. Non sono mai stato un fan dei Black Sabbath, non ho nessun disco del periodo Dio, quindi non posso davvero esprimermi sulla scelta dei pezzi. Quello che posso dire è che questi quattro sono ancora a livelli paurosi. Forso solo Appice è più fumo che arrosto, il set della batteria è abbastanza ridicolo, con tom anche sopra la testa, ma il suo dovere lo fa e bene, quindi non si può parlarne male. Iommi fa impressione, tira fuori dei riff che sembrano senza tempo, penso che questa definizione sia proprio azzeccata e che non sia possibile aggiungere altro. Lo fa con una tranquillità paurosa, ma con due movimenti e poche note ti trasporta in un altro mondo! Geezer se ne sta tranquillo in disparte, ma riempie come pochi bassisti sanno fare e soprattutto è sempre uno spettacolo da vedere, coi capelloni alla Abatantuono, la mano destra che saltella sulle corde e un sound semplicemente fantastico. E Dio ha una voce ancora meravigliosa, nonostante l'età non sta certo fermo impalato e non ha nemmeno bisogno di grandi pause tra un pezzo e l'altro. Veramente grandiosi, credo che come me tutto il pubblico abbia avuto l'impressione di aver assissito ad un vero e proprio evento.

La serata per me e il fratello è praticamente finita qui. Con un ingiustizia che forse solo i dati di vendita possono smentire, la leggenda non è stata messa a fine concerto e così dopo gli Heaven & Hell è stato il turno dei Mötley Crüe (voto 5-): nonostante non sia un loro fan, ho apprezzato l'ultimo album, caratterizzato da un rock bello carico e dalla produzione quasi metal. Invece in sede live i quattro non mi hanno affatto entusiasmato: il cantante sembra una papera, il batterista pesta, ma con il set che aveva (con una cassa alta quasi come lui) fa veramente troppo ridere e anche gli altri non convincono. I pezzi mi sembravano scialbi, ma è anche vero che non essendo un fan e non conoscendoli non posso esprimermi troppo. Dopo quattro o cinque canzoni abbiamo quindi deciso per un rientro anticipato anche per evitare il caos al parcheggio. Finisce così la prima giornata metallica, riportiamo le stanche membra a casa soddisfatti per la giornata e ansiosi di cominciare la seconda, che ci regalerà altrettante soddisfazioni.

day two

Dopo un viaggio tranquillo in un'autostrada praticamente vuota, raggiungiamo per la seconda volta lo Stadio Brianteo trovando già dalle prime ore parecchia più gente rispetto al sabato mattina. A scaldare gli animi (invero già caldi per la temperatura cocente) ci pensano i The Black Dahlia Murder (voto 7), una piacevole sorpresa di metal estremo che ha entusiasmato non solo il sottoscritto. Come giustamente notava Luca, il cantante non ha nulla del frontman tranne l'elemento fondamentale, cioè l'attitudine: ci crede, e la cosa si vede e quindi, nonostante l'apparenza, funziona. Se il chitarrista mi è sembrato fare qualche sbavatura durante gli assoli, devo dire che l'elemento più impressionante si è rivelato il batterista, di una precisione come pochi possono e senza mai perdere un colpo. E' vero che suonando solo per venti minuti si possono spendere più energie, ma la sensazione era quella di aver davanti un vero professionista di extreme drumming, al contrario della delusione Jordison, ma andiamo con ordine...

Se sul palco alternativo gli Static-X (voto 5+) fanno saltellare i loro fan, ma non animano troppo noi fratelli Togni (poca la varietà, fanno più scena che altro), un gruppo sempre più nutrito di intenditori dal palato fino si accalca e prende posto davanti al palco di fianco che vedrà suonare una delle band più attese dal sottoscritto, i Cynic (voto 9+). In realtà anche durante il concerto degli Static X era possibile vederli, visto che si sono dovuti fare il soundcheck da soli... Il metal fusion, o progessive metal o tecno thrash o quello che è proposto dagli americani fa veramente paura. Tornati ad incidere un album dopo decisamente troppi anni, i Cynic sono stati autori di quello che secondo me è stato il più bel concerto della due giorni metallara. Immensi. Da batterista, devo dire di essere rimasto praticamente sempre a bocca aperta fisso a guardare le evoluzioni di Sean Reinert, praticamente un jazzista prestato al metal, o viceversa. Ma non c'è nulla da dire anche sugli altri membri del gruppo, dal chitarrista e cantante Masvidal, quasi timido mentre parla coi fan, ai nuovi membri Zielhorst e Kruidenier (ma che nomi, però...). La scelta dei pezzi è stata bilanciata tra il debutto "Focus" e il ritorno sulle scene "Traced in air", forse un pochino più sbilanciata sul secondo, comunque grandissimo disco (Sam ravvediti!). Fenomenali, non ho altre parole.

i Cynic al lavoro

E' quindi il turno dei Napalm Death (voto 6+), macchina da guerra extreme metal che devasterà lo stadio almeno a livello sonoro. Personalmente non li ho mai trovati interessanti, li rispetto perché so che hanno scritto la storia del genere che propongono, ma ho sempre preferito chi rallenta un po' i ritmi curando di più la tecnica, mentre qui si sfiora l'hardcore, genere che non mi ha mai troppo convinto. In ogni caso il loro pubblico c'è ed è in delirio.

L'ora che è seguita è stata la fase più critica dei due giorni, una lunga attesa caratterizzata da un caldo notevole con pochissime zone d'ombra sotto cui rifugiarsi, inoltre la stanchezza cominciava a farsi sentire. I Saxon, per misteriosi problemi al tour bus, non si sono presentati e così, probabilmente per problemi tecnici, invece che anticipare gli altri gruppi si è semplicemente atteso l'orario di esibizione del gruppo seguente, cioè i Mastodon (voto 7). E' la seconda volta che li vedo ed è la seconda volta che mi dico che devo approfondire la conoscenza di questo gran gruppo: il muro sonoro che proveniva dal loro palco era notevole, uno schiacciasassi che è stato superato solo dai Carcass. Il nuovo album tanto discusso a me è piaciuto e le canzoni di questo lavoro che il gruppo ha proposto sono quelle che mi hanno coinvolto di più, ma mi rendo conto che è dovuto ad una mia lacuna. Piacevoli da vedere, ero però distratto da membri dei Cynic che si presentavano a sorpresa a bordo palco: ho fatto il possibile per incontrare Sean Reinert, addirittura Masvidal m'ha assicurato che l'avrebbe chiamato per me, ma dopo un'ora di attesa sotto il sole ho desistito. Mannaggia! Comunque grandi e umili, molto disponibili col pubblico (però perché non fare un semplice meet&greet?).

Il concerto di Tarja non posso proprio giudicarlo, ero praticamente incatenato alle transenne nell'attesa, vana, di Reinert. Non mi è parso però di perdermi molto, nonostante la gente sotto il palco fosse parecchia e anche molto esaltata. Non so, la voce di questa cantante l'ho persino trovata fastidiosa, mentre ho poi scoperto che i musicisti che l'accompagnavano erano di tutto rispetto, tra cui il grande Mike Terrana alla batteria. Ma, come ho letto in altre recensioni, mi chiedo perché reclutare gente così preparata per suonare canzoni piuttosto banali...

Anselmo e i suoi Down

I Down (voto 7-) mi sono piaciuti, il loro southern metal mi ha sempre entusiasmato, anche se trovo il loro ultimo album un po' scialbo. I pezzi proposti dal primo disco, "Nola", sono stati i migliori, Lifer e Losing all su tutti. E' stata la terza volta che ho visto Phil Anselmo, non sembra cambiato di una virgola nel modo di porsi, ma va bene così, ormai è un personaggio. Simpatico il siparietto con Fratello Metallo che viene fatto accomodare nel backstage, mentre Anselmo finge di farsi una pippa...

Phil Anselmo

La pausa salamella & patatine si rivela ancora molto gradita oltre che necessaria, una passeggiata all'ombra di lato allo stadio ci permette di rilassarci un po' e di riprenderci dopo la botta di caldo che ha contraddistinto questa seconda giornata. Anche in questo caso perdiamo l'inizio di un concerto, nello specifico quello dei Blind Guardian (voto 6-). Mi aspettavo di più dai tedeschi, la scaletta proposta non giocava a loro favore, almeno per i miei gusti, perché molti pezzi mi sono ritrovato a non conoscerli. Il punto più esaltante del loro concerto è stato cantare a squarciagola (e fare air drumming) con Imagination from the other side. Per il resto, fanno il loro dovere senza però entusiasmare troppo. Forse sono io che ho cambiato gusti, forse invece sono loro che non sono riusciti a rinnovarsi abbastanza nel corso degli anni, ma mi pare che poco sia cambiato da quanto li vidi dieci anni fa (batterista a parte).

Non sono a favore della vivisezione, tranne quando ad operarla sono i Carcass (voto 8 e mezzo), soprattutto quando uno specialista quale Daniel Erlandsson si occupa delle pelli. Questo gruppo si è riformato nel 2007, dopo più di dieci anni di silenzio, ma sembra che l'alchimia tra i musicisti sia quella dei tempi migliori! Il loro metal estremo è caratterizzato da una pulizia chirurgica che pochi altri gruppi riescono a raggiungere, il batterista poi è tra i miei preferiti, ha una doppia cassa che è stata superata solo da Reinert (in effetti solo nel tocco e non nella potenza, ma è anche questione di suoni) nella due giorni monzese. Commovente poi vedere il ritorno alla batteria, anche se per un solo improvvisato, del vecchio batterista Ken Owen, compito da emorrargia cerebrale.

Cade ancora il buio sullo stadio e questa volta l'attesa è per i Dream Theater (voto 9), autori di un concerto spettacolare, che riesce a non deludere le aspettative altissime che chiunque nutre verso questi mostri dello strumento. Se in studio sembrano un po' statici nel ripetere formule già sentite, dal vivo sono una delle band più belle che si possano vedere. Personalmente Caught in a web è stato il momento più alto del Gods, almeno emozionalmente. E' stato bello risentire dei classici suonati con una passione (e ovviamente una tecnica) al 100%. LaBrie, forse l'unico che in passato è stato autore di prestazioni non al top, è tornato ad altissimi livelli, Portnoy è sempre il solito pagliaccio, ma se lo può permettere visto quello che combina dietro i tamburi, gli altri accompagnano divertendosi (a parte Myung che se ne sta sempre sulle sue) e forse è proprio questo che colpisce positivamente durante il loro concerto. Io me la sono spassata alla grande, soprattutto durante la splendida versione con solo allungati di Metropolis. Sempre grandiosi.

A chiudere il secondo giorno e il Gods in generale sono arrivati i nove dell'Iowa, gli Slipknot (voto 5 e mezzo), che a mio parere ripetono la prestazione mediocre di chiusura della sera precedente. Suoni impastati, volumi troppo alti, pestano sull'acceleratore velocizzando i loro brani, ma sembra che poi il tutto sfugga di mano. Li ho visti dal vivo pochi mesi fa in un concerto che ricordo sicuramente migliore, devo però ammettere che sono rimasto deluso dal batterista Joey Jordison, una delle promesse del metal moderno. Se la volta precedente avevo giustificato qualche imprecisione (una su tutte, non tenere i ritmi di doppia cassa veloce, che sugli album lo caratterizzano) pensando all'infortunio che l'aveva colpito poche settimane prima, quest'altra volta non ci sono scusanti: purtroppo in studio di registrazione si possono colmare le lacune che ahimé dal vivo saltano all'orecchio. Forse molti non ci fanno nemmeno caso, forse io sono un po' ossessionato dalla batteria (ma essendo batterista mi viene naturale), ma sentire Jordison che spara a mille perdendo colpi e ripetendo spesso gli stessi giri un po' mi intristisce. E' giovane, magari si farà, ma nel corso delle due giornate ho sentito di meglio, anche da gruppi esordienti. In ogni caso, il pubblico, tanto, è li per loro e se la gode, fa impressione vedere dall'alto delle tribune la marea che si forma sotto il palco e non solo, anche a decine di metri di distanza! Di sicuro la proposta musicale dei nove funziona, mietono consensi tra i giovani (i vecchi sono usciti dopo i Dream Theater) e quindi evidentemente comincio ad invecchiare anch'io...

Ecco fatto, ho concluso finalmente la mega recensione del Gods! Ecco una foto dei due prodi metallari orobici durante la pioggia di sabato sera:

Un grande grazie a Luca per la compagnia e il divertimento, è stata una bella esperienza da mettere in archivio di fianco alla cinque giorni bolognese dell'anno scorso. Grazie anche per le foto davvero belle (tutte quelle che vedete in questo post sono sue) e per l'idea della foto d'apertura (che ti rubo senza nemmeno chiedertelo, pensa te!). Intanto, mentre noi si invecchia, piccoli metallari crescono...

Stay metal!

2 commenti:

  1. Osti, non sono più l'unico in famiglia ad avere foto con i Voivod! Però posso vantare anche una pizza mangiata con loro, he he...
    Bello il report, bravo, anche se un po' troppo batteriocentrico!
    Per i Tarja, oltre a Mike Terrana, c'era pure Doug Whimbish dei Living Colour al basso, una cosa che mi ha davvero messo di cattivo umore.
    Per i Cynic più che ravvedermi dovrei cercare di stare sveglio fino alla fine del disco, che è pure corto. Ma quindi l'altro Sean non c'è più?

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  2. Grazie! Riguardo al batterismo, ti ho risposto con il post su Hoglan... Che vuoi farci deformazione "professionale"! Doug l'ha beccato Luca per una foto, s'è mostrato durante il meet & greet dei Napalm, con una faccia un po' straniata. Che dire, dovranno pure pagarsi la registrazione del nuovo album i Living Colour, no? Riguardo i Cynic, Sean Malone ha collaborato in studio, mi par di capire, ma live c'è quest'altro tizio altrettanto tecnico.

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