sabato 4 dicembre 2010

quello che conta

Si, il blog è un po' cambiato, nell'estetica, nel nome... Ma è solo contorno, giusto così, per rinfrescare un po' il sito. E così l'aspetto del blog credo sia anche più carino.

Vorrei riportarvi due citazioni che ho letto in questi giorni, da fonti diverse, che mi hanno colpito e mi sono rimaste. Apparentemente non c'entrano nulla l'una con l'altra, si passa dall'esperienza traumatica di una situazione di guerra in Afghanistan alle riflessioni di uno storico sulle sue gite in Svizzera con la famiglia, durante la sua infanzia. Però forse questi pensieri non sono così distanti, anzi forse parlano esattamente della stessa cosa. Di come osserviamo la vita nel momento in cui siamo più vicini alla morte, che sia per questioni drammatiche come la guerra del primo esempio, oppure alla fine di una lotta contro la malattia nel secondo. Della ricerca dell'essenziale, degli affetti più cari, dei ricordi più sereni di quello che si è vissuto. Ma spazio alle parole.

"Gli uomini fanno le guerre per il profitto o per un ideale, ma le combattono per il territorio e le donne. Presto o tardi le nobili cause affogano nel sangue e perdono di significato. Presto o tardi morte e sopravvivenza ottundono i sensi. Presto o tardi l'unica logica che resta è quella della sopravvivenza, e l'unica prospettiva la morte. Poi, quando i migliori amici muoiono urlando, e anche gli uomini migliori, folli di dolore e rabbia, perdono la ragione in un abisso insanguinato, quando tutta la giustizia, la bontà e la bellezza del mondo sono strappate via insieme alle gambe, alle braccia e alle teste di fratelli, figli e padri, allora ciò che continua a spingere gli uomini a combattere e a morire è la volontà di proteggere le donne e la terra.
Capisci che è così quando senti parlare gli uomini nelle ore che precedono la battaglia. Parlano delle loro case e delle donne che amano. Capisci che è così quando li guardi morire. Se un soldato in punto di morte è sdraiato al suolo, cerca di affondare le mani nella terra, di afferrarla. Se può, solleva la testa e guarda la montagna, la valle o la pianura. Se è lontano dalla sua terra pensa alla sua casa, e parla del suo villaggio, o della terra in cui è cresciuto. E alla fine un soldato non inveirà contro chi o cosa l'ha ridotto in quelle condizioni, ma sussurrerà il nome della figlia, della sorella, della moglie, della madre, persino mentre invoca il nome del suo Dio. La fine è come l'inizio. Alla fine restano soltanto una donna, e una città."

dal libro "Shantaram", di Gregory David Roberts

"C'è una specie di sentiero che corre lungo la ferrovia tascabile di Muerren. A mezza strada, un piccolo caffè - l'unica fermata sulla linea - serve il classico cestino da viaggio svizzero. Più avanti, la montagna cade a picco nella valle tettonica. Dietro al caffè, potete arrampicarvi fino ai pascoli estivi, con le mucche e i pastori. Oppure potete semplicemente aspettare il prossimo treno: preciso, prevedibile e puntuale al secondo. Lì non succede mai niente: è il luogo più felice del mondo.
Non possiamo scegliere dove cominciare la nostra vita, ma dove finirla sì. Io so dove sarò: in viaggio su quel trenino, senza una destinazione particolare, per sempre."

dalla nota autobiografica "Amo la Svizzera", di Tony Judt (1948-2010)
[Internazionale n°874]

2 commenti:

  1. GZ per il cambio. I cambiamenti stimolano e a questo proposito ho giusto uno stimolo a cui adempiere...........corrooooooooooo!!!

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