lunedì 17 maggio 2010

inglish

"Vado in Australia per migliorare il mio inglese". La maggior parte delle volte dopo aver detto questa frase mi sono sentito rispondere: "Ma allora stai sbagliando paese!"

E' vero, l'inglese parlato dall'australiano medio ha una cadenza particolare, ma il più delle volte la verità è che un inglese "vero" non esiste. Certo, c'è il british english, c'è "l'inglese della regina", ma anche solo in Inghilterra è possibile trovare diversi dialetti, per non parlare della Gran Bretagna intera. Il più delle volte quando si pensa ad un inglese standard, si ha in mente quello americano: vuoi per la musica, vuoi per i film o le serie tv, è questo per me l'inglese che ho come riferimento e quello che la mia cadenza maccheronica tenta di imitare di più.

Essendo un ex colonia inglese, in Australia l'influenza del british english è forte, ed è la base su cui poi è partita l'evoluzione dell'inglese australiano. Probabilmente questi mesi passati downunder stanno un po' modificando la mia parlata, in fondo non avevo mai passato prima più di due settimane in un paese anglofono. Quello su cui riflettevo oggi, però, è che quotidianamente sono esposto ad una miriade di inglesi differenti, di cui quello australiano è solo una piccola parte.

Al chiosco dove lavoro ho a che fare con molti stranieri, dai paesi più differenti, oltre a qualche australiano: c'è Joe da Newcastle, Tammy da Manchester, Clare e Lee da Glasgow, poi gli asiatici Chay e Rick (India), Basu e Ace (Nepal), Jet (Malaysia), più qualche altro collega del caffè che vedo ogni tanto, come il messicano Juan, o i cuochi del ristorante, un italo-australiano di nome Enzo e un indiano.

Ognuno di loro parla un inglese differente, quello senza "erre" e con delle vocali aperte degli inglesi, lo scottish english che è sicuramente il più curioso e per me il più difficile da capire, il buffo inglese degli indiani che sa essere ostico anche per la testardaggine dei parlanti che non si sforzano molto per risultare meglio comprensibili, la versione malese un po' più nasale e aperta, che fa percepire il background della lingua orientale di partenza, oppure le cadenze più familiari dell'inglese influenzato dallo spagnolo o dall'italiano. Durante le prime settimane ho anche avuto un collega tedesco che come molti suoi connazionali parlava un inglese corretto e facilmente comprensibile.

Oltre a questi colleghi stranieri c'è una manciata di australiani, ognuno col suo modo di parlare: c'è Robbie che è l'australiano doc con la parlata dell'outback, quella proprio eccessiva e caratteristica, c'è Emma che sarebbe comprensibile se rallentasse un po' la velocità di espressione, Kieran che eccede nel senso opposto con una parlata lenta e per questo molto chiara, più qualche superiore, ognuno con una gradazione diversa di accento australiano nel proprio inglese.

Insomma, il chiosco è uno spaccato dell'Australia, tante nazionalità e tante parlate differenti. Sicuramente una buona palestra, se non per imparare un inglese perfetto, almeno per adattare l'orecchio ad una costante babele di inglesi diversi!

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