sabato 4 luglio 2009

nicche nikonista

Da qualche tempo, come potete aver appurato anche da altri post, mi sono avvicinato al vasto mondo della fotografia. Dopo essermi fatto delle basi minime con un po' di studio e lettura sull'argomento, ho deciso di acquistare la mia prima reflex. Dopo aver chiesto a chi se ne intende più di me, ho optato per una Nikon D60, con cui ora sto muovendo i miei primi passi.

La voglia di fare è tanta, ma altrettanta è l'incapacità! Ahimé, c'è veramente un mondo da scoprire, ma cerco di non farmi schiacciare dal peso delle mille possibilità e delle mille opzioni che una fotocamera reflex offre. Avanzo con umiltà, un passo alla volta, sfruttando per ora la mia Nikon all'1%, facendo quasi tutto in automatico.

Oltre a leggere manuali e corsi su internet, credo che un buon modo per imparare sia uscire di casa e fotografare. E così oggi ho fatto, iniziando un progetto che avevo nei pensieri da un po', e cioè di fotografare una delle vie più multietniche di Bergamo, via Quarenghi. E' una delle vie più problematiche, ma per me anche affascinanti, della città, in cui si ritrovano africani e cinesi, ma anche ispanici e arabi. Anche altre vie adiacenti sono interessate dallo stesso fenomeno, ma qui gli stranieri sembrano aver colonizzato quasi ogni palazzo, si respira un'aria diversa e pare di aver fatto un salto all'estero. Mi piace questa sensazione, che non è solo visiva perché persino gli odori sono diversi, oltre che le parlate della gente.

Ho quindi iniziato a fotografare qua e là, seguendo la mia curiosità. Quello che cattura subito l'attenzione sono le scritte sulle insegne dei negozi che di fianco a caratteri alfabetici a noi familiari presentano anche i caratteri cinesi o la scrittura araba, o perfino l'hindi . Ma se la parte materiale della via è facilmente ritraibile, quella umana è più sfuggente. Immaginavo che questo fosse il lato problematico, però è un peccato aver così difficoltà nel ritrarre le persone, parte fondamentale di questo progetto.

Per ora non ho voluto osare troppo; giusto un tunisino che ha attaccato bottone, vedendomi con la fotocamera al collo, s'è lasciato fotografare. Altri si sono messi in disparte, chi stando in silenzio, chi temendo non fossi un normale cittadino e mostrandomi che i documenti che aveva erano in regola. Nemmeno io mi sentivo completamente a mio agio, ma la voglia di fotografare, anche per conoscere quel mondo sconosciuto, è più forte, credo quindi che tenterò di nuovo prima o poi. Forse è ancora poco, ma è almeno un piccolo passo verso la condivisione e la conoscenza reciproca. Per ora le foto sono tutte in bianco e nero, poi vedrò se aggiungere anche colore o meno.

In ogni caso, se siete interessati ad approfondire l'argomento e volete dare un'occhiata alle mie foto, trovate qui i miei due album, uno con foto varie e uno sul progetto via Quarenghi. Siete invitati a commentare e a giudicare spietatamente, mi fate solo un favore!

Un'altra questione che ancora non ho chiarito è: un bravo fotografo ritocca le proprie foto? Io per ora si, e anche molto! Forse perché ancora non so usare una vera macchina fotografica e quindi ho pochi margini di manovra prima di uno scatto. Però forse il ritocco è parte del processo creativo e non va condannato, ma anzi va sfruttato per le potenzialità e le diverse possibilità che crea. Intanto mi va bene così, sia chiaro quindi che quello che vedete negli album è praticamente sempre passato per regolazioni varie, ritagli, riscaldamenti di colore e forzature in bianco e nero.

Ringrazio mio fratello Mattia, che questa passione l'ha da parecchio tempo, per i consigli e l'influenza che ha su di me grazie ai suoi racconti e al suo entusiasmo. A presto per una sessione di foto insieme!

4 commenti:

  1. Una volta i ritocchi venivano fatti a mano direttamente sulla lastra fotografica impressa. Se non sbaglio lo stesso Nadar ne era un cultore.

    Qualcuno sostiene che si tratta di "forzature", che un bravo fotografo sa ottenere quello che vuole solamente con le regolazioni della sua macchina e l'abilità del suo "occhio". D'altra parte gli strumenti si evolvono e sarebbe sciocco pretendere oggi che un fotografo "vero" usasse ancora le lastre di vetro e le camere col soffietto. Anzi, probabilmente fra qualche tempo le macchine fotografiche saranno in grado di fare da sole i ritocchi che tu usi oggi sul PC, magari collegate direttamente via cavo (o addirittura wireless?) ad un qualsiasi monitor o cornice digitale.

    Peccato che a volte con l'ausilio della tecnologia si finisca per perdere un po' l'"occhio" che è e rimane comunque l'ingrediente principale di una buona fotografia.

    Spulciando in rete per trovare conferma di quel che dicevo su Nadar ho trovato questa pagina molto simpatica:
    http://www.photogallery.it/storia/iritocco.html

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  2. Grazie per le informazioni, non avrei mai pensato che il ritocco avesse origini così remote! Credo comunque che l'ideale sia una via di mezzo, appena imparerò a gestire meglio la macchina credo che apprezzerò di più i risultati originali ottenuti.

    E' un po' come nella musica, comunque: tante volte ci sono pesanti ingerenze dell'elettronica che snaturano la prestazione originale, altre volte invece l'aiuto crea qualcosa di nuovo e apprezzabile, anche se non suonato "live".

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  3. Anzichè "ritocco", chiamatelo post-production, e tutto è risolto! TAAC. Anglosassoni ..quante ne sanno. COmplimenti nicche, bravo bravissimo. Ale

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  4. Bella l´idea di fotografare via Quarenghi. E ritocco o non ritocco, la foto del ragazzo tunisino mi piace parecchio. Apprezzo molto anche la scelta del bianco e nero. Bravo Nikonista! :)

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