Finalmente, dopo mesi di preparazione, ho corso la mia prima maratona. Tantissime emozioni, ancora adesso a più di 24 ore di distanza. Credo che certi ricordi rimarranno indelebili nella mia memoria, intanto ho dei ricordi fisici nelle gambe che invece spero spariscano presto! Ma pure quelli hanno un che di positivo, ricordo delle fatiche estreme fatte sullo storico percorso da Maratona ad Atene.
Ma andiamo con ordine, voglio partire da lontano, cioè dalla mezza maratona corsa a fine 2011. A quel tempo, era la corsa più lunga che avessi mai fatto, 21,1 chilometri. Mi ero detto, faccio questa distanza e vedo come va, poi deciderò se preparare una maratona o meno. La corsa andò bene, soprattutto grazie al "pacer" Sergio, che per tutto il tempo mi spronò a non rallentare e tenere un bel ritmo. Poi però, raggiunto l'obiettivo con tanta soddisfazione, mi sono distratto un po', non ho più ripreso a correre regolarmente e mi sono arreso al freddo dell'inverno.
Trasferitomi a Stezzano, mi era tornata voglia di fare qualche corsa anche per scoprire i dintorni della mia nuova casa, ma tra il dire e il fare è passato quasi un mese. Poi, non ricordo più nemmeno come e perché, mi è scattato qualcosa, mi son deciso a prepararmi per tutti e 42,2 chilometri della maratona. Non avevo grandi pretese, mi ero detto che, avendo fatto la mezza a Bergamo nel 2011, avrei potuto correre ancora sul percorso di casa, questa volta raddoppiando le distanze. Purtroppo però, dopo i disguidi organizzativi dell'anno passato, la maratona a Bergamo nel 2012 non era in programma. Che fare? La maratona di Roma sarebbe stata a marzo, quella di Milano ad aprile, impossibile prepararsi per tempo. Mi ci voleva una maratona a fine anno. E lì mi son ricordato della maratona in Grecia di cui mi parlò Sergio. Mi son detto che non poteva esserci modo migliore e percorso più adatto per correre i miei primi 42 e 2, e così non c'ho pensato molto e mi sono subito iscritto, per non perdere lo slancio e per avere uno stimolo e un obiettivo ben preciso per la preparazione. Prima della fine di marzo ero tra i partecipanti! Ormai non avevo più scuse, era ora di mettersi sotto.
Ci sono diverse scuole di pensiero riguardo la corsa, come probabilmente ogni cosa. C'è chi per preparare una maratona parte da una base di almeno 40 chilometri a settimana e da lì aumenta e anche parecchio, con più di quattro corse a settimana, altri invece pensano che tre corse a settimana siano più che sufficienti e che non serva correre più di 50 chilometri ogni sette giorni, infine mi è stato anche consigliato di non correre mai più di 15 chilometri perché avrei affaticato inutilmente il corpo. Insomma, ognuno ha la sua opinione e non è facile capire bene cosa sia meglio. Io, che son sempre stato un testone e che spesso mi fisso troppo senza guardarmi bene intorno, sono partito a mille e soprattutto senza avere dei riferimenti nel passo da tenere. Facevo ogni corsa come se dovessi migliorare i miei tempi, dando sempre molto, ma così non si va lontano, soprattutto se ti stai preparando per una lunga distanza. Stavo stressando troppo il mio corpo, chiedevo uno sforzo non adeguato alle mie capacità e alle mie gambe, e così usciva sempre qualche fastidio a non darmi tranquillità.
Poi, quasi per caso, andando in un negozio a cercare un paio di scarpe nuove ho incontrato un ragazzo dell'ASICS che mi ha fatto il test per verificare l'appoggio del piede e quindi consigliarmi il modello di scarpa da corsa adatto a me. Oltre a questo, mi ha consigliato il sito myasics per tenere nota dei miei progressi e, soprattutto, per crearmi un piano d'allenamento su misura. Devo dire che mi sono subito trovato molto bene, era la giusta via di mezzo che cercavo (quattro corse a settimana, di cui all'inizio tre impegnative e una più rilassata, che in seguito diventano due e due), con riferimenti precisi sul passo da tenere (in base al tempo finale che si vorrebbe raggiungere in gara che si dà come riferimento creando il programma personalizzato). L'allenamento mirato sarebbe iniziato a fine maggio, per cinque mesi.
All'inizio le distanze non erano troppo impegnative, ma certe corse dai ritmi sostenuti mi provavano abbastanza. Bello però vedere come in questa maniera riuscivo a costruirmi la muscolatura giusta e la resistenza, oltre all'abitudine a tener duro per distanze sempre più lunghe, fisicamente, ma soprattutto mentalmente. Non ho mai corso con lettori mp3 ascoltando musica, quello che mi piace della corsa è che mi fa staccare dagli impegni quotidiani, un ritaglio di tempo solo per me, in cui ci si deve concentrare solo sull'obiettivo di quel particolare allenamento e a nient'altro. Inoltre, per mezzora, un'ora o quello che è, non si è raggiungibili, nessuna interruzione esterna. E' quasi una sorta di meditazione per me. Non voglio quindi avere qualcosa che da un lato potrebbe probabilmente distrarmi e farmi passare meglio il tempo come la musica, ma che non mi permetterebbe di allenare la mente a gestire sforzi così prolungati nel tempo. Che poi alla fine c'è chi si porta la musica anche durante la corsa, ne ho visti diversi ieri, quindi il problema non si porrebbe, ma per ora a me piace così.
Piano piano i chilometri sono aumentati e così anche quello che era il mio limite finora corso, quello della mezza maratona, è stato migliorato. Prima 22,5, poi 27. Fino a quel momento non avevo avuto grossi problemi, alcune corse erano andate meglio, altre meno, ma in generale ero riuscito a mantenere il programma, a volte andando persino meglio di quanto avrei dovuto. Purtroppo far coincidere gli allenamenti lunghi della domenica con un lavoro su turni e anche nel weekend non è facile, così quando mi son ritrovato a fare 27 chilometri dopo una sveglia all'alba e otto ore di lavoro, ho dovuto veramente far ricorso a tutte le mie capacità di resistenza per portarli a termine. Poco dopo è andata ancora peggio con il primo dei due lunghi da 30 chilometri, sempre dopo il turno d'apertura al lavoro: mi sono arreso a 25, dopo aver dato tutto fino ai 20 e aver raschiato il barile delle mie energie per altri cinque miseri chilometri. Semplicemente non ne avevo proprio più. E questo sforzo eccessivo ha compromesso un'intera settimana di lavoro, perché qualche giorno dopo, durante una corsa tranquilla, ho avvertito una fitta allo stinco. Ovviamente, furbo come sono, non ho pensato a fermarmi subito, no, ho tenuto duro e stretto i denti fino alla fine, in pratica aggravando ancora di più il problema. Avrebbe anche un nome l'infortunio che ho avuto, ma ora non me lo ricordo più… Fatto sta che non riuscivo più a piegare il piede destro, dovevo tenerlo rigido per non sentir dolore.
Una settimana senza correre a un mese dalla gara e umore a zero, mi sembrava di non poter più recuperare e di aver compromesso tutto. Per fortuna ho avuto sostegno da molte parti, prima di tutto dalla mia ragazza, e così ho piano piano riacquistato fiducia. Può sembrare una reazione eccessiva la mia, e sicuramente lo è stata, ma quando si è così presi dagli allenamenti, anche solo l'idea di doverne saltare uno fa star male. E' sbagliato, ripeto, e devo imparare ad essere più flessibile. Ma se non si avesse questa dedizione, non si uscirebbe a correre dopo il lavoro, con la pioggia e il freddo, o non ci si alzerebbe la mattina presto per dei lunghi di un paio d'ore per poi passare otto ore di lavoro in piedi. In ogni caso, saltato il secondo allenamento da 30 chilometri, mi rimaneva solo l'ultimo lungo da 35 prima della maratona. Volevo che adasse bene, doveva andare bene, e per fortuna così è stato. Sveglia prima delle 7, pasta condita solo con olio per fare pieno di carboidrati e via a correre, sette giri del mio solito percorso da 5 chilometri in paese. Questa è stata la corsa che mi ha dato fiducia e tranquillità, ho corso 27, 28 chilometri tranquillamente, ho poi cominciato a sentire la fatica, ma nemmeno tanta quanto pensassi. L'ultimo giro è stato duro, ma è passato e da lì mancavano solo 7 chilometri (e 195 metri…) e avrei corso una maratona intera. Ce la potevo fare. Peccato però che non avessi fatto i conti con il mio ego e con la voglia di strafare!
Ma andiamo con ordine. Ho affrontato gli ultimi giorni con tanta voglia di arrivare al giorno della gara, sereno e tranquillo per la preparazione e fiducioso per un buon risultato. Atene mi ha accolto davvero bene, casini per lo sciopero generale a parte. L'hotel si è rivelato ottimo, per posizione e personale cortese, la città ha un'ottima atmosfera e la sua storia mi ha davvero coinvolto. Questo non ha fatto altro che aggiungere emozione per l'impresa che stavo per tentare. Col senno di poi, passare giovedì, venerdì e sabato mattina facendo su e giù per la città è stato un grandissimo errore. Avendo ormai un buon allenamento, non sentivo la stanchezza, non mi rendevo conto di quello che stavo chiedendo alle mie gambe, l'ho capito quando sono andato a cercare altro carburante nel momento di crisi durante la gara e non ne ho trovato più. Non sono dispiaciuto, non so se e quando tornerò ad Atene, l'idea di visitare la città era in cantiere e sono contento d'averlo fatto per quello che mi ha lasciato. Però ho in effetti preteso troppo dalle mie capacità.
La notte prima della gara è passata anche meglio di quanto pensassi, ero ansioso, ma non agitato, e ho dormito quasi sei ore, con la sveglia alle 5 ad aspettarmi. Alla consegna delle chiavi qui in hotel ho trovato un indiano alla reception che mi ha chiesto perché stessi per andare a correre per così tanti chilometri. "Ma ti pagano?", mi ha domandato seriamente. Proprio non riusciva a concepire come io pagassi il viaggio e l'iscrizione, solo per faticare come un mulo per 42,2 chilometri! E la cosa lo divertiva pure! E ha divertito anche me, che cercavo di spiegargli inutilmente come in cambio si ricevesse qualcosa che non è materiale, ma che nessuno ti porterà via per tutta la vita.
Volendo far tutto per tempo, ho raggiunto uno dei tre punti di raccolta per l'andata verso Maratona proprio alla partenza dei primi mezzi, alle 5:30. Lo sforzo organizzativo non è stato da poco, considerando che c'erano novemila persone da portare al via! La fila di pullman era impressionante e sarebbe continuata per un'oretta buona. Il viaggio è stato lungo (tanti semafori dove noi avremmo rotatorie), ma soprattutto mi ha spaventato quanti tratti fossero in discesa, e nemmeno leggera, perché quella era esattamente la strada che avrei fatto io al ritorno, di corsa. Sapevo che il percorso era in salita dal 10° al 32° chilometri, ma pensavo più a pendenze poco percettibili, non a vere e proprie salite! Ancora una volta però devo fare mea culpa, la difficoltà del tracciato mi era stata mostrata chiaramente davanti agli occhi solo poche ore prima della gara, ed io l'ho ignorata allegramente.
Arrivato a Maratona, il tempo mi è passato più in fretta di quanto pensassi. Dalle 6 e mezzo in poi ho prima messo sotto i denti qualcosa, poi ho fatto diverse tappe ai bagni (l'ansia e l'attesa mi fanno sempre questo effetto) e poi, verso le 8, mi sono preparato in tenuta da gara consegnando la sacca agli organizzatori. Con 14,4° C la temperatura era forse ideale per lo sforzo che mi attendeva, ma al momento faceva davvero freddo a stare in maglietta smanicata traspirante e pantaloncini!
Tutto dimenticato al via però, con partenza ufficiale alle 9 e partenza del mio blocco alle 9:11. Tanta emozione, ottime sensazioni sulla mia corsa, son partito con un buon ritmo, ma già dopo il primo chilometro ho sbagliato tutto. Me l'avevano detto tante volte, vai piano all'inizio che la gara è lunga, ho anche ignorato l'avviso chiarissimo ricevuto giusto prima di partire da Alberto, che di maratone sulle gambe ne ha diverse: se all'inizio ti senti bene, rallenta! Non sprecare tutto all'inizio che tanto poi recuperi alla fine. Non so che dire, io mi sentivo bene e invece di tenere il passo al chilometro che mi ero prefissato vedevo che riuscivo tranquillamente a star sotto, prima di 10 secondi, poi anche oltre. Un'eternità, nella corsa. Anche quando al decimo chilometro è arrivata la salita, ho continuato a spingere, ormai ero lanciato. Primi 10 chilometri in 49 minuti e qualcosa, sono arrivato a metà gara con solo due minuti in più dal tempo della corsa fatta a Bergamo nel 2011, 1 ora e 43 minuti, solo che qui metà del percorso era stato in salita. Verso il 23° chilometro ho capito che cavolata avessi fatto: la strada continuava a salire e le mie gambe si indurivano sempre di più. Al 27° sono cominciati i crampi al quadricipite della gamba destra, compagni di viaggio praticamente fino alla fine. Da lì è cominciata un'agonia tremenda, e prima del 29° chilometro il primo stop, praticamente la svolta della corsa.
In quel momento mi rendo conto che sarà impossibile finire entro le 4 ore e per un attimo mi arrabbio con me stesso. Capisco però che a quello ci penserò dopo, ora devo continuare, quindi cerco di far passare il crampo e cammino fino a che il muscolo si rilassa, riprendo a correre, ma duro meno di un chilometro. Altro stop e poi un pochino più sciolto. Al 31° faccio seriamente fatica anche solo a camminare e lì, per un attimo, ho serissimi dubbi di riuscire a vedere il traguardo. La delusione è stata fortissima, mi stavo davvero per disperare, poi riprendo una corsetta che da fuori dev'essere stata proprio ridicola, piccoli passi e gambe pratiamente ingessate. Anche l'udito mi ha avvertito che qualcosa non stava andando troppo bene: sentivo tutto in maniera ovattata, ho capito poi che era la pressione che si era abbassata. Si sarebbe ripresa solo una mezzora dopo l'arrivo. Ma io dovevo finire, dovevo per forza arrivare alla fine, avessi dovuto anche solo camminare fino ad Atene. In pratica ho continuato un on/off di corsa e camminata ad ogni crampo, oltre a quello poi non mi sentivo davvero energie, avevo dato davvero tutto troppo presto, molto presto. Per fortuna il tracciato aveva smesso di salire. Non è che in discesa sentissi meno fatica o dolore, ma per lo meno sapevo di aver scollinato.
Visitando qualche giorno prima lo splendido stadio Panathinaiko, dov'era situato l'arrivo della maratona, mi ero immaginato cosa sarebbe successo di lì a qualche manciata di ore, le tante emozioni del passare finalmente il traguardo. Invece domenica ho raggiunto lo stadio, la musica ad alto volume, le persone che salutavano e ho tagliato il traguardo praticamente senza emozioni. Ero solo contento di non dover più faticare, di non dover più tentare di correre. Ero svuotato. Mi sono appoggiato ad una transenna, volevo sedermi, ma ho pensato che mi avrebbero fatto troppo male le gambe a rialzarmi. Così sono andato, come tutti gli altri, verso l'uscita. Appena prima c'era la consegna delle medaglie. Una ragazza me la mette al collo dicendo "Congratulations!", la ringrazio e continuo a camminare. Do un bacio alla medaglia tanto per, come se fosse un atto dovuto, ma qualcosa scatta dentro di me. Quello è stato il mio traguardo, solo lì mi sono reso conto che avevo finito la corsa, che ero arrivato alla fine. Con 35 minuti in più di quanto mi ero prefissato, oltre il limite delle 4 ore che davo decisamente per scontato, ma ero arrivato. Un attimo dopo qualche singhiozzo e poi ho cominciato proprio a piangere, liberando tutta la tensione accumulata durante la corsa e la lotta con i miei errori e la mia mancanza di energie.
Da quel momento, solo soddisfazione e felicità. Avrò modo di rifarmi se ne avrò voglia (e dalle sensazioni che sento, credo che avverrà molto presto, ma ne riparleremo), intanto sto portando a casa una medaglia che è solo un oggetto, ma rappresenta una battaglia che sono orgoglioso di aver vinto. Ho lottato contro me stesso, contro la voglia di smettere, contro i dolori e le energie che non c'erano più, contro soprattutto i miei errori da vero e proprio principiante. Per una minima mia discolpa, posso dire di aver voluto spingere perché un mio grande errore, nella corsa e in tante altre cose, è quello di non osare mai abbastanza. Non volevo tornare a casa pensando che avrei potuto dare di più. Da qui all'enorme errore di valutazione che ho fatto ce ne passa, me ne rendo conto, ma almeno potete capire da dove sia partita quella spinta a non risparmiarmi nemmeno all'inizio. Devo decisamente rivalutare la capacità di pensare alla corsa e alla distanza e calibrare meglio le energie, ma alla prima maratona direi che ci può stare. E soprattutto, non avrei mai e poi mai potuto accettare un ritiro, e sono contento di non averlo fatto, nonostante non abbia mai sofferto così tanto in vita mia.
Come faccio a spiegare tutto questo all'indiano alla reception?
Bravo Nik, sei un eroe. :)
RispondiEliminaMi(s)tico, tante congratulazioni per aver cercato (e trovato, hehe) il limite. Mi hai quasi fatto venire voglia di correre! Quasi, eh.
RispondiEliminaTanto orgoglio e tanta commozione. Grande fratello ce l'hai fatta! La prossima la facciamo assieme, ma evitiamo maratone in salita, intesi?
RispondiEliminaUn abbraccione
Sergio