domenica 22 giugno 2008

lo strano caso di Arthur Upfield e Snowy Rowles


Eccomi finalmente tornato a pubblicare un post, purtroppo la linea a casa è definitivamente scomparsa e vi sto scrivendo grazie al 56k del cinema in cui lavoro... Mi spiace latitare, ma spero che il problema si risolva presto. Intanto ecco qualche notizia sullo strano caso di cui accennavo nell'ultimo post.

Cercando qualche informazione sulla rabbit-proof fence, sono venuto a conoscenza di una serie di delitti chiamati The Murchinson Murders, avvenuti proprio lungo questa barriera. Nel 1929 Arthur Upfield, uno scrittore di romanzi, lavorava come controllore della barriera e nel frattempo rifletteva sulla sua prossima opera letteraria. Si era intestardito sullo scrivere una storia di omicidi in cui i detective però non avessero alcun cadavere da rintracciare, essendo stato finalmente compiuto il "delitto perfetto": l'omicida era riuscito a far sparire completamente il corpo.

L'idea gli ronzava in testa, ma c'erano due problemi da risolvere: prima di tutto Arthur doveva scoprire un modo verosimile per far scomparire un cadavere, un metodo realistico e plausibile che poteva applicare nel romanzo; secondo, era necessario trovare anche un modo per incastrare il colpevole, altrimenti i suoi detective come potevano arrivare vittoriosi al termine della storia?

Parlandone con amici, in particolare con George Ritchie, risolse il primo problema. Questo suo collega descrisse così il modo infallibile per liberarsi di un cadavere senza lasciare alcuna traccia: bruciare il corpo della vittima, filtrare i residui di osso dalle ceneri, dissolverli nell'acido, frantumare gli eventuali residui solidi in polvere e disperdere il resto nell'aria. Sembra innocente come la ricetta di una torta...

Rimaneva il secondo problema: come poteva un detective riuscire a risolvere un caso così perfetto? Partirono varie scommesse tra gli amici per vedere chi ne avesse trovato uno, ma pareva impossibile riuscire a trovare una soluzione ad un caso così enigmatico! Qui entra in scena anche Snowy Rowles, un allevatore che era diventato amico di Arthur. In particolare, il 5 ottobre 1929 Arthur, Snowy, George e altri si trovarono insieme discutendo della questione e questo evento fu usato come prova per dimostrare che Rowles fosse al corrente di questo metodo.

Nel dicembre dello stesso anno Rowles fu visto in compagnia di James Ryan e George Lloyd, in seguito entrambi scomparsi. L'8 dicembre incontrò un amico di George Ritchie a cui disse che i due si erano allontanati a piedi, in cerca di legname, e che lui li stava aspettando. Giorni dopo invece, ad un altra persona, disse che si erano trasferiti in un altra città e che Ryan gli aveva venduto il suo furgone. Fin qui nulla di strano.

Nel maggio seguente tale Louis Carron, un neozelandese, decise di spostarsi dalla zona di Murchinson e quindi lasciò il lavoro per la compagnia di Snowy Rowles. Louis teneva una fitta corrispondenza con gli amici e questa cessò immediatamente dopo il licenziamento. Fu grazie a questo particolare che la sua scomparsa venne immediatamente notata, in quei tempi era normale che ci si spostasse da uno stato all'altro in cerca di lavoro. Anzi, fu solo quando la polizia iniziò ad indagare sulla scomparsa di Carron che si scoprì che anche Ryan e Lloyd erano scomparsi. E tutti e tre erano stati visti per l'ultima volta in compagnia di Snowy Rowles...

Non ci volle molto a collegare i tre scomparsi con Snowy e Snowy con le varie discussioni riguardo l'omicidio perfetto. Dei resti bruciati vennero ritrovati lungo la barriera anti-conigli e tra questi resti c'era un anello che fu ricondotto in maniera certa a Carron: la moglie aveva fatto sistemare l'anello tempo prima, ma il gioielliere operò una saldatura da 9 carati, invece che il resto che era da 18. Normalmente avrebbe subito sistemato l'errore, ma era troppo oberato di lavoro e così lasciò perdere. I resti degli altri due sfortunati invece non vennero mai trovati, ma Rowles (nel frattempo identificato come John Thomas Smith, evaso dopo essere stato condannato per furto) venne comunque accusato di tre delitti e venne giustiziato per impiccagione il 13 giugno 1931.

Ah, in seguito Arthur Upfield completò il libro, The sands of Windee, e più avanti anche un racconto sui veri omicidi lungo la rabbit-proof fence, The murchinson murders.

Quello nella foto sotto al titolo è Snowy Rowles accanto al furgone di Ryan.

lunedì 9 giugno 2008

aussie movies #6: Rabbit-proof fence


Ed eccomi a parlare del film legato alla "Generazione rubata"; anzi, questo è proprio il titolo dato alla versione italiana della pellicola. Nella versione originale invece il nome scelto ha due significati. Innanzitutto la barriera anti-conigli è un lunghissimo steccato creato per fermare l'invasione dei simpatici animaletti introdotti in maniera poco lungimirante da Thomas Austin al tempo delle prime colonie inglesi. In realtà le barriere sono tre, qui trovate qualche dato e un grafico che mostra l'estensione. E questa è una citazione dell'illuminata mente al momento della liberazione dei primi coniglietti:

"The introduction of a few rabbits could do little harm and might provide a touch of home, in addition to a spot of hunting."

Inutile dire che dai 24 esemplari iniziali il numero è cresciuto esponenzialmente e in meno di 40 anni la loro diffusione copriva l'intero continente...

Comunque, questa lunghissima barriera (la prima costruita, che va da nord a sud nella parte occidentale dell'Australia) è stata usata da tre bambine aborigene per ritrovare la via di casa dopo essere fuggite dalla piccola colonia dove erano state portate forzatamente (leggete il post precedente per chiarimenti). E se la strada era chiara, la distanza non era affatto indifferente: hanno camminato per...beh, qui ho dati discordanti: diciamo tra i 1600 e più di 2000 km. In ogni caso una distanza non indifferente per tre bambine, a piedi, nell'Australia più desertica!


Ma la scelta del titolo fa sicuramente anche riferimento alla situazione delle popolazioni indigene, col termine inglese fence, barriera, che indica il loro essere prigionieri degli occupanti nella loro stessa terra. Anche qui il post precedente può chiarirvi le idee, ora non mi dilungherò troppo avendone già parlato.

Il film è un adattamento del libro Follow the rabbit-proof fence scritto dalla figlia di una di queste tre bambine, anche lei cresciuta nella stessa colonia da cui sua madre è riuscita a scappare. Anzi, è venuta a conoscenza dell'evasione solo anni dopo essere ritornata a casa e da li ha recuperato varie testimonianze fino a scrivere il libro. E' possibile che il film esalti il lato drammatico della situazione, esagerando le povere condizioni della missione e i trattamenti subiti dai bambini. O almeno questo ho letto in alcune critiche. C'è anche chi mette in discussione l'intera storia, ma altre fonti la confermerebbero...

Ma se più semplicemente si vuole analizzare il film, io trovo che sia ben fatto, con un ovviamente ottimo Kenneth Branagh nel ruolo di Neville "the Devil" (il Chief Protector of Aboriginies of Western Australia), l'onnipresente nativo australiano Dave Gulpilil (c'è in tutti i film australiani con aborigeni!) e le brave bimbe aborigene ovviamente per la prima volta in un film. Le ambientazioni sono splendide come in ogni film australiano, anche se qui ovviamente si prediligono le zone più isolate e desertiche.

Rabbit-proof fence ha anche vinto diversi premi non solo in Australia; ben venga quindi un film che non credo voglia nemmeno essere una descrizione storica precisa, ma che può risvegliare l'interesse sulla situazione dei nativi australiani.

Tornerò a parlare presto della barriera anti-conigli per un caso di omicidio molto particolare, avvenuto negli anni '30! Vi dico solo il nome, già suggestivo di suo: Murder on the Rabbit-proof fence : the strange case of Arthur Upfield and Snowy Rowles.

domenica 8 giugno 2008

generazione rubata


La prima volta che ho sentito parlare di "Generazione rubata" è stato quando mi son trovato a proiettare il film omonimo al mio cinema, una pellicola australiana del 2002; lo rivedrò quanto prima e pubblicherò la consueta recensione. Questo termine è entrato in uso negli anni ottanta per indicare quei bambini indigeni australiani che sono stati forzatamente sottratti alle loro famiglie dal Governo australiano in un periodo di tempo che va dal 1869 al 1969.

Non ricordo se il film spieghi le motivazioni di questa scelta. Informandomi un po' (Wiki as usual) ne ho trovate di più o meno grottesche: si va dall'aiuto alla razza (i bambini "rubati" sarebbero dei mezzo sangue che venivano emarginati nelle loro tribù; ma in realtà probabilmente non si voleva farli mischiare troppo coi bianchi), al tentativo di civilizzare (dando accesso ad un istruzione che sarebbe stata loro negata rimanendo con le famiglie). In realtà l'effetto positivo è stato soltanto uno: da adulti, questi bambini sradicati dalle loro famiglie hanno avuto mediamente un miglior salario, probabilmente dovuto al fatto di essere entrati in contatto più stretto con la società e aver ricevuto più facilmente gli aiuti statali. Il prezzo pagato però è stato enorme!

Non tutti i bambini forzatamente trasferiti hanno successivamente condannato il sistema. C'è chi ha trovato delle buone intenzioni in tutto questo, il tentativo di dargli un educazione e di fargli quindi trovare un lavoro, e si è solo lamentato della poca considerazione data alle famiglie al momento del trasferimento. Altri osservano che almeno loro hanno imparato a leggere e scrivere correttamente e che la situazione era migliore di quella attuale. Sarà, ma di modi per aiutare la comunità migliori della deportazione forzata dei bambini penso ce ne siano...

Quello che mi ha stupito è che soltanto in tempi recenti sia stata creata una commissione per lo studio di questo fenomeno: nel 1995, grazie alle pressioni delle comunità indigene riguardo l'ignoranza storica di questo fenomeno, è stato creato un gruppo di lavoro che nel 1997 ha pubblicato un rapporto sulla situazione, chiamato Bringing them home. Secondo questo rapporto, almeno 100.000 bambini sono stati allontanati dalle loro famiglie, ma non essendoci registri precisi su cui basarsi il numero totale potrebbe essere più elevato. L'anno seguente, nella stessa data di pubblicazione del rapporto, il 26 maggio, è stato istituito il National Sorry Day.

Nonostante questo rapporto abbia indicato chiaramente le conseguenze disastrose di questa pratica, alcuni politici del governo di destra (al potere nel periodo della pubblicazione del Bringing them home) hanno mosso varie critiche sulla portata del fenomeno, con il Primo Ministro John Howard che si è rifiutato di chiedere scuse ufficiali per paura di scatenare un caos di richieste di risarcimento, aggiungendo che la generazione attuale non deve chiedere scusa e prendersi le colpe delle azioni compiute dalle generazioni passate. In seguito alle pressioni crescenti è tornato sui suoi passi, senza però portare delle scuse ufficiali.

Si è dovuto attendere l'insediamento del nuovo governo laburista a fine 2007 e l'inizio dei lavori del Parlamento australiano nel febbraio '08 per sentir dire dal nuovo Primo Ministro Kevin Rudd: "We say sorry." Qui se vi interessa c'è il filmato del discorso tenuto da Rudd (almeno i primi minuti con la lettura del testo principale).

Come detto da chi è stato vittima di questa deportazione, "qualche centinaio di parole non può risolvere i problemi creati. Ma è un inizio importante."

martedì 3 giugno 2008

aussie Movies #5: He died with a felafel in his hand


Eccomi tornato dopo due settimane di stop forzato causa mancanza collegamento Internet. Ora la situazione pare migliorata, ma non ci giurerei... Approfitto subito, quindi, della connessione precaria per aggiornare un po' il blog.

E riprendo il discorso recuperando il filone "film australiani" che ultimamente avevo abbandonato; in questo periodo mi sto dedicando alla filmografia di Spike Lee (con contemporanea lettura della sua biografia) e questo ha tolto spazio ad altre visioni. Ma è stato un piacere rivedere questo geniale film, uscito in Italia con l'esatto titolo tradotto, per una volta... He died... è tratto da un libro di John Birmingham, ma forse sarebbe meglio dire "ispirato". Difatti il film è una specie di riduzione, o una riproduzione di alcuni dei capitoli del libro. Mi spiego: entrambi raccontano le assurde vicende di Danny (interpretato da Noah Taylor), alla sua quarantasettesima esperienza di convivenza con i più folli e disadattati soggetti australiani. Nel libro si passa da una convivenza all'altra, passando per una decina o più di case. Invece il film riduce a tre il numero di appartamenti, permettendo un minimo di approfondimento sui caratteri bizzarri dei coinquilini di Danny. Non che lui sia poi così razionale...

Comunque, a mio modesto parere, il film è davvero divertente e anche più profondo di quanto possa sembrare ad una prima visione superficiale, anche se i personaggi sono davvero molto "borderline": non si sa quanti anni abbiano, ma più o meno sono tutti intorno ai trenta, tra gli studi e il mondo del lavoro; e sono tutti nella confusione più totale, chi più chi meno, senza riuscire a dare un senso alla loro esistenza e trovando peraltro più attriti che conforto dalla convivenza. Spassosa poi la pronuncia australiana, anche se rende il tutto un po' di difficile comprensione: per fortuna si viene aiutati dai sottotitoli! Infine, ottima la colonna sonora, cosa che non guasta affatto!
Consigliato.